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Guatemala, que bonito!

Bonito bonito suave suavesito: cosa ho amato del Guatemala dal primo momento e dove tornerei anche subito

Se avessi ceduto alla tentazione di giudicare il Guatemala alla prima impressione, bhe, ora non sarei qui a raccontare del mio viaggio. Per arrivarci ci abbiamo impiegato quattordici ore, tre pullmini, due frontiere, una sola sosta bagno e tutti i contanti che avevamo, dato che avevamo dovuto dare ben due mazzette alla dogana messicana (alla fine di questo articolo vi racconto com’è andata). Eravamo, per dirla come si usava dire a Torino durante la mia laurea magistrale per definire lo stato di qualcuno dopo una giornata di studio particolarmente impegnativa: completamente sfatti.

E completamente impreparati alla meraviglia che ci stava aspettando dietro l’angolo

Di solito preferisco utilizzare le parole per raccontare. Ma, come ho già fatto per il viaggio in Messico, a volte mi piace farmi aiutare dalle fotografie. Il Guatemala è un Paese magnifico e, come tutti i Paesi, ha mille sfaccettature, tantissime culture diverse, tantissime tradizioni, luoghi, monumenti, piatti tipici, volti, profumi, canzoni, problemi. Vorrei condividere con voi, allora, la bellezza di questo Paese del mesoamerica anche attraverso alcune immagini, fotografie che ho scattato nel corso del viaggio e che hanno il potere di ricordarci che in una storia anche i personaggi contano, non solo la voce narrante. Ed è giusto lasciare che anche loro dicano qualcosa di sè.

Dove torneremmo anche subito: il Lago Atitlan, nel sud del Guatemala

Sono un lago che lambisce le sponde di tre vulcani ormai spenti. Le mie acque nutrono le piantagioni di caffè e trasportano ogni giorno, su velocissime lancias e piccole canoe intagliate nel legno, centinaia di persone che vivono nei pueblos a cui gli abitanti di qui hanno dato i nomi dei santi, San Marcos, San Pedro, a cui chiedono protezione. Gli occidentali credono che io mi trovi in un luogo magico, perchè è il punto di incontro di fasci di energia proveniente dall’universo. Vera e Boris credono che il lago Atitlan sia un luogo magico, perchè è bellissimo, il tempo scorre lento e le sue genti sono accoglienti. Ho incontrato Vera e Boris alla fine del loro viaggio di nozze. Profumavano di viaggio, di sveglie alle 4:17 per prendere il primo aereo e di aperitivi sulle spiagge messicane. Di fronte alle mie acque, nel piccolo pueblo di San Marcos, hanno imparato a rallentare. Ora sanno riconoscere il colibrì dal suono delle sue ali, nuotare nel riflesso dei vulcani che si specchiano nelle mie acque, osservare il cielo senza altre luci se non quelle delle stelle, fare colazione con il succo ottenuto dai fiori pestati in un mortaio di legno. Posso dire di averli visti più volte leccarsi dalle dita la marmellata di ibisco. La vita sulle mie sponde segue ancora il percorso del sole. Anche Vera e Boris, sin dal primo dei cinque giorni che hanno trascorso qui, si sono piacevolmente adagiati, svegliandosi all’alba, intorno alle 7:00, e andando a dormire con il sole, alle 21:00. Compravano frutta e verdura dalle signore sedute tra le viuzze di San Marcos, hola amiga, hola amigo, hay bananas, hay mangos. E mangiavano tutte le sere a Konojel, il ristorante di un centro culturale che dà lavoro alle donne del villaggio e con il cui ricavato si sostengono le persone più fragili della comunità. Se vi capita di andarci, ho visto Vera e Boris mangiare estasiati le tartellete al dulce de leche.

Le donne Maya di Quetzaltenango e Chichicastenango

Siamo le donne del mercato Maya di Chichicastenango. Ogni giovedì e ogni domenica mattina arriviamo da tutta la regione a vendere i nostri tessuti e ad acquistare ciò che ci serve. Qui incontriamo migliaia di turisti che vengono a fotografarci durante le cerimonie sacre delle confraternite di Chichi e ad acquistare i nostri prodotti. Molti sorridono quando ci vedono fare a mano le tortillas: i battiti delle nostre mani sembrano applausi ed è subito festa. Indossiamo ancora i nostri abiti tradizionali: possiamo riconoscere la nostra provenienza dal colore e dallo stile del ricamo. Ci sono più di duecento diverse combinazioni e sono le stesse da secoli. Una volta, lo abbiamo raccontato a Vera e a Boris durante la loro visita al museo tessile di Quetzaltenango, anche gli uomini si vestivano così. Ma per il tipo di lavorto che è stato loro richiesto, dalla dominazione spagnola in poi, i nostri tessuti sono troppo pesanti; prima degli spagnoli noi Maya non conoscevamo una divisione dei ruoli così netta tra donne e uomini. Gli spagnoli l’hanno portata con sè, costrigendo noi donne in casa e gli uomini al lavoro, come facevano con le loro mogli. Questa divisione la portiamo ancora oggi, così come i problemi legati alla povertà e alla discriminazione, come alcolismo e violenza domestica, altre conseguenze che secoli di soprusi hanno portato nelle nostre comunità, che sono ancora tra le più povere al mondo. Ci siamo divertite quando Vera ha comprato una stoffa, pagandola molto più del suo valore reale, alla più insistente di noi. E anche quando ci ha chiesto di poter assaggiare il cioccolato prima di poterlo acquistare: si è leccata le labbra e noi le abbiamo detto che eravamo molto felici che il nostro prodotto artigianale le piacesse. Ha acquistato due tavolette e l’abbiamo vista annusare il pacchetto e sorridere, al pensiero di aver portato a casa con sè un po’ della nostra storia.

Ad Antigua c’è una chiesa che sembra una torta al limone

Sono la chiesa de La Merced, ad Antigua, l’antica capitale del Guatemala. Nella piazza di fronte alla mia facciata, che condivido con il monastero a me adiacente, c’è una grande fontana, degli alberi ombrosi e merli neri che fischiano ai passanti. Nelle sere di festa le donne della città portano le loro cucine portatili e vendono tortillas, panini, burritos, frescos (succhi di frutta), zucchero filato, dolci e bibite a chi accorre per festeggiare. Vera ha ragione, con il mio stile coloniale, gli stucchi bianchi su sfondo giallo, sembro proprio una torta al limone. Nelle giornate di sole faccio ombra alle venditrici ambulanti di tessuti che accorrono per fare affari con i turisti. Il cielo azzurro dietro di me contrasta con i miei colori, che si vedono da lontano fino al Cerro de La Cruz, il belvedere sulla città dove gli innamorati vanno al tramonto tenendosi per mano.

I tucani nella giungla del Peten

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Un tucano reale nella giungla di Tikal, Peten, Guatemala
Sono un tucano reale, di quelli che Vera e Boris avevano visto solo in fotografia e sui libri. Sono silenzioso e riservato, non amo farmi vedere. Qui, nella giungla dove gli antichi Maya hanno costruito i templi di Tikal, nel Peten, ho trovato la mia casa ideale. Vera è riuscita a farmi questa foto solo dopo un lungo appostamento e solo perchè mi ha fatto un po’ pena: una delle scimmie ragno, che abitano gli alberi dove mi piace mangiare le foglie più verdi, le aveva appena fatto la pipì in testa. Le ridò la parola, così può darvi gli ultimi consigli se avete in mente di visitare presto il nostro bellissimo Paese.

Cosa devi tenere presente se stai programmando un viaggio in Guatemala

Se siete arrivati fino a qui, è probabile che ora vogliate visitare il Guatemala anche voi. Se intendente seguire i nostri passi e entrare nel Paese via terra, via Belize, sappiate che è molto probabile che le persone che troverete alla dogana in uscita dal Paese, in combutta con la compagnia di autobus, vi chiederanno una mazzetta di 500 pesos, circa 40€, a testa per rilasciarvi il timbro di uscita. Non è legale, non è autorizzato, le autorità italiane o messicane ti diranno che non è regolare, come anche diversi racconti di viaggio su internet, e invece queste mazzette sono la prassi. E senza quel timbro non potete lasciare il Paese. Corrompere l’autista del bus con birra e panini, come ha fatto una nostra compagna di viaggio, è un’altra soluzione possibile, ma non so dirvi se funziona sempre. Vi conviene preparare i soldi in contanti per questa evenienza e prepararvi a entrare in questa logica che per noi Europei è molto lontana. Entrare in Belize e in Guatemala è gratuito, ma uscire dal Belize costa circa 20$ americani e, questo sì, è previsto dalla legge. Il modo migliore, e più sicuro, per spostarsi è con le compagnie private di viaggio. È sufficiente prenotare il proprio posto su una delle navette che raggiungono la vostra destinazione il giorno prima oppure anche la mattina per il pomeriggio: il prezzo si può sempre contrattare, ma non aspettatevi FlixBus. Le navette sono furgoncini un po’ scalcagnati, i bagagli vengono legati sul tetto e si parte solo quando tutti i posti sono occupati. No wifi e l’aria condizionata o è troppa o è troppo poca. Gli autisti hanno tutti una guida sportiva e un amore viscerale per le rancheras, la versione mesoamericana di Gigi D’Alessio. Il cibo più buono è quello cucinato dalle donne nei baracchini per strada. Assaggiate i tamales e le tortillas e non abbiate paura di prendere i frescos da bere, soprattutto se avete superato la prima settimana di viaggio e il vostro corpo si è già abituato al cibo non italiano. Dove torneremo sicuramente nel nostro prossimo viaggio? Al lago Atitlan, abbiamo alloggiato in un bellissimo eco hotel che si chiama Lush. A Tikal, vogliamo partecipare a un trekking nella giungla per raggiungere il sito Maya segreto di El Mirador. E a fare il bagno nelle bellissime acque di Semuch Champey, che a questo giro non ci sono state. Poi, dal Guatemala è un attimo andare in Honduras, El Salvador in Nicaragua.

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